PNRR: Italia prima in Europa con il 53% degli obiettivi raggiunti

L’Italia ha già realizzato il 53% delle milestone e dei target concordati con l’Europa (151 dei 290 previsti), e a oggi siamo il Paese con maggiori risultati raggiunti nella trasformazione digitale nell’ambito del PNRR.
Il PNRR mette a disposizione del Paese risorse mai viste prima per la digitalizzazione dell’Italia, molto più di tutti gli altri Paesi in Europa.

Si tratta di 47 miliardi di euro dal 2021 a giugno 2026, di cui 40 miliardi della Missione 1, più le iniziative di digitalizzazione di altre cinque Missioni, pari al 37% di tutte le risorse europee dedicate alla trasformazione digitale nel Next Generation EU.
La Spagna prevede di spendere per il digitale 20 miliardi di euro, la Germania 13, la Francia 9, e altri 19 Stati meno di 2 miliardi.
Ma ora la partita si fa seria, con molti nuovi target da raggiungere, per cui sono attesi risultati con effetti concreti sull’economia e il benessere collettivo.

“Si apre una nuova fase per l’Agenda Digitale”

È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.

“Si apre una nuova fase per l’Agenda Digitale dell’Italia, ancor più ricca di opportunità e di criticità che in passato – afferma Alessandro Perego, Direttore scientifico -. Mentre siamo impegnati a realizzare nei tempi previsti gli interventi del PNRR, è necessario pensare a come dare un futuro sostenibile alla trasformazione digitale. È importante farlo ora, mentre entriamo nella fase più critica del Piano e impostiamo le politiche di coesione, per garantire continuità d’azione e un uso corretto delle risorse disponibili”.

Il 60% delle risorse destinato a PA o imprese pubbliche

La PA è fondamentale nell’attuazione del PNRR e nel raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale. Almeno il 60% delle risorse del Piano (nello specifico il 33% di quelle della Missione 1 per la trasformazione digitale) sono destinate a PA centrali, locali o imprese pubbliche. Tutte le risorse sono gestite e rendicontate da PA.

In particolare, entro fine 2024 l’Italia deve confermare i target di fine 2023 sui tempi di aggiudicazione delle gare pubbliche, su quelli per realizzare quanto previsto e sulla gestione dei relativi pagamenti.
Deve poi spedire almeno 3 milioni di lettere di conformità e generare un gettito fiscale, da queste, di almeno 2,7 miliardi di euro, deve ridurre del 65% le cause pendenti nei tribunali ordinari e del 55% quelle nelle corti di appello civili.

Gap digitale Nord-Sud: servono strategie differenziate

A livello geografico, però, si confermano ampie differenze tra le Regioni italiane e il divario endemico tra le Regioni del Mezzogiorno e quelle del Centro-Nord.

“Se vogliamo ridurre i divari storici dell’Italia con altri Paesi e tra i nostri stessi territori, servono strategie differenziate che raccordino il livello nazionale a quello regionale. L’attuazione dell’agenda digitale deve essere portata avanti con strategie multilivello – spiega Michele Benedetti, Direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale -, che tengano conto anche degli effetti degli interventi sulla riduzione delle disuguaglianze economico-sociali”.

Milano è la città più pet-friendly. Anche Roma e Napoli sul podio

Il 79% dei 9mila intervistati dall’Osservatorio Quattrozampeinfiera reputa Milano ‘l’ambiente ideale’ per gli animali domestici, contro il 75% a favore di Roma e il 52% di Napoli.
L’indagine svolta sulle abitudini dei possessori di animali da compagnia fornisce una panoramica dettagliata, e positiva, sulla relazione tra gli abitanti milanesi e i loro amici animali, evidenziando, al contempo, alcuni aspetti migliorabili da parte dell’Amministrazione comunale.

Il 78% degli intervistati dichiara di avere accesso ad aree per cani prossime all’abitazione, ma sottolineano la necessità di illuminare meglio, attrezzare e suddividere per taglia tali spazi.

Le restrizioni nei locali pubblici

Oltre il 51% segnala forti limitazioni alla presenza di cani nei locali pubblici. L’analisi condotta sui ristoranti rivela che solo il 45% degli intervistati li considera agibili, la richiesta ai ristoratori è quella di aprire le porte a tutti i nostri amici a quattro zampe. Ciò evidenzia la necessità di bilanciare la libertà degli animali con le esigenze della collettività.

La presenza di asili per cani è stata poi confermata solo dal 41% degli intervistati, suggerendo margini di miglioramento sull’implementazione di servizi dedicati alle emergenze e alle cure a breve termine. 
Per quanto riguarda l’igiene per gli animali, il 77% conferma di riuscire a reperire negozi di toelettatura nelle vicinanze, indicando una crescente offerta di servizi per la cura dei pet.

Mobilità urbana e accesso ai supermercati

Analogamente, il 91% dichiara di avere comodamente accesso ai servizi veterinari nelle proprie vicinanze, sottolineando come la salute degli animali domestici venga posta al primo piano nella comunità milanese.
Vengono richieste però sovvenzioni per le cure veterinarie in base al reddito, in modo da rendere più accurata possibile l’assistenza agli animali.

La mobilità urbana risulta agevole per oltre l’86% degli intervistati, che conferma di utilizzare i mezzi pubblici con il proprio cane da compagnia.
L’accesso ai supermercati, invece, è risultato molto limitato, solo il 18% conferma questa possibilità.
Il dato sottolinea le diverse politiche in atto nella GDO riguardo l’ingresso con animali domestici. La richiesta, quindi, è quella di consentire l’accesso a tutti senza limitazioni di taglia.

Le richieste alle amministrazioni, tre obiettivi per città amiche degli animali

L’indagine evidenzia la rilevanza della pet-friendliness urbana, e offre un quadro completo delle dinamiche tra gli abitanti di Milano e i loro animali domestici.

Le richieste comuni provenienti da intervistati di Milano, Roma e Napoli riguardano più aree per cani, l’installazione di fontanelle e cestini per le deiezioni, e aprire supermercati, musei e ristoranti a tutti i cani, indipendentemente dalla taglia. Questo, riporta Ansa, per promuovere l’inclusione e la partecipazione attiva degli animali nella vita cittadina.

PA e trasformazione digitale: l’Intelligenza artificiale al centro della rivoluzione

Nonostante alcuni ritardi nella digitalizzazione rispetto ad altre nazioni, l’Italia mostra segnali promettenti, specialmente nelle sperimentazioni che riguardano l’Intelligenza Artificiale nel settore pubblico.
Con una visione chiara e investimenti mirati, l’Italia può trasformare le sfide in opportunità, diventando un modello di innovazione nella Pubblica amministrazione.

È quindi essenziale investire in tecnologie avanzate come Cloud Computing e Blockchain, unite però alla necessità di un significativo sviluppo delle competenze digitali.
Insomma, la trasformazione digitale sta investendo la PA italiana, e l’AI è il motore di questo cambiamento. Ma è altresì cruciale considerare il ruolo della normativa, in particolare, l’introduzione dell’AI Act, nel guidare e rendere sicuro il percorso dell’innovazione.

L’AI trasforma il modo in cui vengono erogati servizi ai cittadini

La rivoluzione digitale della PA promette di trasformare il modo in cui vengono gestititi processi ed erogati servizi ai cittadini, e l’AI emerge come chiave per un futuro più efficiente e dinamico.
“Stiamo assistendo a un cambiamento radicale, dove l’AI può svolgere un ruolo decisivo nell’ammodernare i servizi pubblici – commenta Federico Aiosa, Head Of Sales del Central Public Sector Welfare Area -. Ma è fondamentale adottare un approccio strategico e condiviso. La posizione dell’Italia nelle classifiche internazionali di digitalizzazione non soddisfa ancora le nostre aspettative a causa di vari fattori, come la limitata spesa nelle soluzioni ICT e la mancanza di competenze digitali avanzate tra i lavoratori pubblici”.

“Convertire le sperimentazioni in azioni concrete”

Fortunatamente, l’Italia si distingue per il numero di sperimentazioni nel campo dell’AI nel settore pubblico. “Ciò evidenzia un crescente interesse verso l’innovazione – aggiunge Aiosa -. Ora è essenziale convertire queste sperimentazioni in azioni concrete”.
Per una trasformazione digitale efficace, l’Italia deve quindi puntare su soluzioni tecnologiche avanzate e un cambio culturale nelle pubbliche amministrazioni. Tecnologie come il Cloud Computing, Quantum Computing e la Blockchain sono cruciali. “Il deficit di competenze digitali – continua il manager – è un ostacolo notevole. È fondamentale investire in programmi di formazione specifici”.

La normativa deve garantire privacy e sicurezza supportando l’innovazione 

La normativa deve evolversi per accompagnare e consolidare le opportunità offerte dalla tecnologia. Recentemente è stato introdotto l’AI Act, la prima legge al mondo che tenta di regolamentare l’Intelligenza artificiale in maniera strutturale.

“Per accompagnare questo cambiamento, è necessaria una normativa che supporti l’innovazione, garantendo al contempo la privacy e la sicurezza dei dati” spiega ancora Aiosa.
Insomma, la trasformazione digitale nella Pubblica amministrazione italiana rappresenta una sfida europea e globale.
Con una visione chiara, investimenti mirati e un forte impegno nella formazione, l’Italia può sfruttare il potenziale dell’AI per innovare i servizi pubblici e migliorare la vita dei cittadini diventando un esempio da seguire.

La dittatura del corpo: come si vedono le donne?

Il corpo della donna è finalmente una sua proprietà o è ancora schiavo del ‘dover essere bella’ quale sintesi di una sudditanza politica e antropologica all’occhio e al desiderio maschile?
Di certo, in un mondo in cui il corpo è il centro di ogni interesse, apparire è un diktat ed essere sui social proietta il corpo in una dimensione terza.

Secondo l’indagine condotta da Eurispes, e realizzata con l’Associazione Filocolo, oltre un terzo delle donne intervistate (36,4%) riferisce un rapporto negativo con il proprio corpo. Le over65 valutano con maggiore frequenza il proprio corpo in maniera positiva (66%) rispetto alle più giovani (58,8%).
Per la maggioranza delle donne curare il proprio aspetto esteriore riveste comunque una certa importanza (74,5%), e per il 74,1% sentirsi bella è importante nel rapporto con sé stessa.

Quanto costa essere belle?

Per il 68,2% sentirsi bella influisce positivamente sull’umore e il 55,7% non esce di casa se non ha curato il suo aspetto esteriore. Tanto che una donna su 4 destina oltre 100 euro al mese alla cura della propria bellezza.
Poco meno della metà delle donne dedica poi oltre mezz’ora ogni giorno al proprio aspetto, mentre una su 5 più di un’ora. Un quinto, al contrario, riserva a questo impegno meno di 10 minuti.

Ma sentirsi bella è importante prima di tutto nel rapporto con gli altri (49,6%). Piacersi fa apparire più potenti (39,3%), essere considerata bella e ricevere apprezzamenti è importante (38,4%). Così, un quarto delle donne (25,3%) ammette di essersi sottoposta alla chirurgia estetica.

Il problema del peso e del tempo

Se il pensiero dell’invecchiamento del corpo angoscia il 41,1% delle donne, il peso corporeo è una parte importante del proprio aspetto esteriore (62,2%), e il 57,2% se potesse cambierebbe in parte il proprio corpo.

L’8,5% poi ha fatto esperienza di anoressia e il 7,6% di bulimia. Più comune la fame nervosa, il mangiare in modo compulsivo o fare abbuffate, sperimentata dal 22,9%.
Il 14,6% riferisce inoltre di episodi di fame notturna, il 12,1% di ortoressia nervosa (ossessione per il cibo sano e naturale). Più raro il picacismo, il disturbo che induce a mangiare cose non commestibili, come conseguenza di stati di malessere e nervosi (4%).

I giudizi degli altri

Alla larga maggioranza delle donne è capitato di ricevere giudizi sulla corporatura (72,8%), apprezzamenti per un avvenuto dimagrimento (69,4%) o incoraggiamenti a prendersi maggior cura del suo aspetto (66,9%), ma non mancano commenti negativi sull’aspetto esteriore (55%).

Il 63,8% delle donne prova invidia nei riguardi di donne ritenute più belle e il 52,9% senso di inadeguatezza rispetto ai modelli femminili proposti nei film, serie Tv o sui Social.
Il 64,6% delle donne è stata, inoltre, oggetto di apprezzamenti non graditi, come ad esempio il catcalling, mentre il 53,7% si è sentita inadeguata fisicamente in seguito a un rifiuto o alla fine di una relazione.

L’evoluzione delle APT nelle previsioni 2024 di Kaspersky

Nel 2024 gli autori di Advanced Persistent Threat (APT) introdurranno nuovi exploit su dispositivi smart, mobile e wearable per creare botnet e perfezionare i metodi di attacco alla supply chain.
Inoltre, i nuovi strumenti basati sull’Intelligenza artificiale semplificheranno la creazione di messaggi di spear phishing, consentendo ai cybercriminali anche di impersonificare determinate persone. I truffatori potrebbero infatti ideare metodi di elaborazione creativi, raccogliendo dati online e affidandoli ai LLM per scrivere messaggi simili a quelli di una persona vicina alla vittima.

Sono alcune previsioni per l’anno nuovo contenute nel Security Bulletin del Global Research and Analyses Team (GReAT) di Kaspersky.
Dai furti di identità basati sull’AI all’aumento degli exploit creativi per dispositivi mobile a nuove botnet nel 2024 le innovazioni tecnologiche intensificheranno gli attacchi. Anche quelli a sfondo politico.

Attacchi zero-click e one-click

Operation Triangulation segna un punto di svolta importante per gli exploit mobile e potrebbe ispirare ulteriori indagini sulle ATP che colpiscono dispositivi smart, mobile e wearable.
Probabilmente assisteremo a un aumento degli sforzi di sorveglianza da parte dei cybercriminali, che colpiranno i device degli utenti finali sfruttando le vulnerabilità e metodi ‘silenziosi’ di consegna degli exploit, tra cui attacchi zero-click via messanger e one-click tramite SMS o app di messaggistica, così come le intercettazioni del traffico di rete.

Lo sfruttamento delle vulnerabilità nei software e nei dispositivi di uso comune è un altro aspetto a cui fare attenzione. La scoperta di gravi vulnerabilità a volte viene studiata in modo limitato e risolta in ritardo, spianando potenzialmente la strada a nuove botnet invisibili su larga scala, capaci di attacchi mirati.

Aumentano gli hacktivist

A fronte delle crescenti tensioni geopolitiche, il numero degli attacchi informatici promossi da uno Stato nel corso del 2024 potrebbe aumentare
Questi attacchi saranno probabilmente la causa di furti o crittografia dei dati, violazione delle infrastrutture IT, spionaggio a lungo termine e sabotaggi informatici.

Un’altra tendenza è l’hacktivism, sempre più diffuso nell’ambito dei conflitti geopolitici. Le tensioni politiche indicano un probabile aumento dell’hacktivism, sia di carattere distruttivo sia finalizzato alla diffusione di fake news, portando a indagini inutili e alla conseguente stanchezza degli analisti SOC e dei ricercatori specializzati nella sicurezza informatica.

“I nuovi strumenti di AI non sfuggono all’attenzione dei cybercriminali”

“Nel 2023 l’importante aumento della disponibilità di strumenti di AI non è sfuggito all’attenzione dei cybercriminali più esperti, impegnati in campagne estese e altamente sofisticate. Tuttavia, riteniamo che le previsioni future vadano oltre le possibili applicazioni dell’AI, – dichiara Igor Kuznetsov, Director, Global Research and Analysis Team (GReAT) di Kaspersky -. Il nostro obiettivo è quello di fornire ai professionisti della sicurezza informatica un’intelligence avanzata sulle minacce che sia in grado di anticipare gli ultimi sviluppi, migliorando la loro capacità di respingere gli attacchi informatici in modo più efficace”.

Natale 2023: gli italiani non rinunciano alle vacanze invernali

Durante le festività natalizie il 20% degli italiani, in aumento di 2 punti percentuali rispetto allo scorso anno, sembra avere intenzione di concedersi un periodo di vacanza fuori casa.  E oltre la metà, il 64%, prevede di fare almeno un viaggio tra gennaio e marzo 2024.
Insomma, nonostante le difficoltà economiche dovute a rincari e inflazione la voglia di vacanza tra gli italiani non si ferma.

Ma come saranno le loro vacanze natalizie e invernali? Alla domanda risponde l’ultimo aggiornamento di Future4Tourism, l’indagine condotta da Ipsos che dal 2017 analizza ed esplora i trend del turismo nazionale e internazionale. 

Italia, meta prediletta da 8 italiani su 10

Inoltre, se circa otto persone su dieci durante le festività rimarranno in Italia, e per il 47% degli intervistati il Capodanno è la festività che si decide di includere prevalentemente nel proprio periodo di viaggio.
In aumento, poi, la quota di coloro che, pur facendo vacanze via da casa, non includeranno alcuna festività. Nel 2023 sono il 31%, +7 punti percentuali in confronto allo scorso anno.

Si torna a viaggiare d’inverno come prima della pandemia

Il 64% degli italiani e delle italiane prevede di fare almeno un periodo di vacanza tra gennaio e marzo 2024, riportando la percentuale dei vacanzieri ai livelli pre-pandemia: a novembre 2019 la quota di viaggiatori invernali era infatti pari al 63%.

Tra chi ha già deciso la destinazione, l’Italia perde consensi rispetto al passato più recente, pur rimanendo saldamente al primo posto nelle scelte di viaggio per il 62% dei vacanzieri (+6 punti percentuali rispetto all’inverno 2023).
Si ricomincia a viaggiare principalmente verso le mete europee (25%) e accresce l’interesse per le crociere (4%).

Sulla neve la strategia è contenere le spese

Relativamente alla tipologia di vacanza, i viaggiatori si suddividono quasi equamente tra coloro che preferiscono vacanze in città d’arte, al mare e in montagna, lago, o collina.
Inoltre, nonostante si registri una ripresa delle visite culturali, queste restano ancora lontane dal periodo pre-pandemico (45% delle scelte vs il 35% attuale) favorendo le destinazioni di mare e montagna.

Ma l’inverno per molti italiani e italiane significa trascorrere giornate sulla neve. Tra chi ha deciso di concedersi un periodo di vacanze sugli sci il 20% non modificherà le proprie abitudini rispetto agli scorsi anni, ma il restante 80% si vedrà costretto ad adottare strategie di contenimento della spesa. Come? Scegliendo località con prezzi degli impianti di risalita più contenuti (31%), riducendo le giornate di sci (27%) fino alla completa rinuncia, almeno per quest’anno (22%).

Con l’AI si potrebbe lavorare solo 4 giorni a settimana

L’Intelligenza artificiale potrebbe permettere a milioni di lavoratori di passare alla settimana lavorativa di quattro giorni entro il 2033? Uno studio del think tank Autonomy ha rilevato che gli incrementi di produttività previsti dall’introduzione dell’AI potrebbero ridurre la settimana lavorativa in Gran Bretagna da 40 a 32 ore per 28 milioni di lavoratori, e per 35 milioni negli Stati Uniti, mantenendo le medesime retribuzioni e prestazioni.

Un obiettivo che potrebbe essere raggiunto introducendo modelli linguistici di grandi dimensioni, come ChatGPT, nei luoghi di lavoro, e che potrebbe contribuire a evitare la disoccupazione di massa e ridurre disagi psicofisici legati al disequilibrio tra lavoro e vita privata.

La tecnologia può migliorare benessere e pratiche lavorative

“In genere gli studi sull’AI e sui grandi modelli linguistici si concentrano esclusivamente sulla redditività o ‘sull’apocalisse occupazionale’ – dichiara Will Stronge, direttore della ricerca -, questa analisi cerca di dimostrare che quando la tecnologia viene impiegata al massimo delle sue potenzialità e viene rivolta a uno scopo preciso, può non solo migliorare le pratiche lavorative, ma anche l’equilibrio tra lavoro e vita privata”. 

Di fatto, grazie all’introduzione degli LLM l’88% della forza lavoro della Gran Bretagna potrebbe veder ridotto il proprio orario di lavoro di almeno il 10%. Le autorità locali di City of London, Elmbridge e Wokingham sono tra quelle che secondo Autonomy presentano il potenziale più elevato per i lavoratori, con il 38% o più della forza lavoro in grado di ridurre il proprio orario nel prossimo decennio.

Una proposta per la settimana lavorativa di 32 ore

Uno studio simile condotto negli Stati Uniti, sempre da Autonomy, ha rilevato che 128 milioni di lavoratori, il 71% della forza lavoro, potrebbero ridurre il proprio orario di lavoro di almeno il 10%.
In Stati come Massachusetts, Utah e Washington è stato riscontrato che un quarto o più dei lavoratori potrebbe passare a una settimana di quattro giorni grazie alle LLM.

“La nostra forza lavoro sta subendo cambiamenti sostanziali dovuti all’AI e l’automazione. Pertanto, sarà necessaria un’azione governativa per garantire che i guadagni di efficienza siano percepiti da tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore o dal livello di competenza”, spiega il deputato Mark Takano, che ha presentato al Congresso una proposta di legge sulla settimana lavorativa di 32 ore.

“Una solida strategia industriale basata sull’AI”

Lo studio di Autonomy ha lo scopo di suggerire ai datori di lavoro del settore pubblico e privato di sfruttare l’opportunità di diventare leader mondiali nell’adozione dell’AI per migliorare la vita di centinaia di milioni di lavoratori.

Il documento invita i responsabili politici ad agire in tale direzione, riporta AGI. “Penso che sarebbe davvero impressionante la costruzione di una solida strategia industriale basata sull’AI, con centri di automazione in cui sindacati, industria ed esperti di questa tecnologia si riuniscano per aumentare la produttività – sottolinea Stronge -; il che comporterebbe anche conseguenti miglioramenti per i lavoratori”.

Software gestionali, un settore che non conosce crisi: fatturato a 22,4 miliardi  

Nel 2022, in Italia, le imprese operanti nel settore del software e dei servizi connessi hanno impiegato oltre 137.000 persone, generando un fatturato di 56,3 miliardi di euro, con una crescita del +9% rispetto all’anno precedente.
La quota relativa ai soli software gestionali ha registrato una crescita mediamente superiore rispetto ad altre tipologie di servizi, con un +12% rispetto al 2021, totalizzando 22,4 miliardi di euro, ovvero il 40% del fatturato complessivo del settore analizzato.
Questi sono alcuni dei risultati emersi dalla ricerca “Software nelle PMI: un motore d’innovazione per l’Italia”, condotta dagli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con AssoSoftware.

Il boom dei gestionali con lo smartworking 

“Dopo l’accelerazione nell’adozione di software gestionali registrata negli ultimi due anni, caratterizzati dalla diffusione dello Smart Working e dal cambiamento delle modalità di lavoro e di gestione dei processi aziendali, la crescita del settore nel 2022 è stata più contenuta. Siamo in una fase di assestamento e di consolidamento degli strumenti in uso, in un contesto sicuramente critico per gli investimenti in innovazione, soprattutto per le PMI colpite dalla crisi energetica, dall’aumento dell’inflazione e dalle criticità in alcune catene di fornitura” ha dichiarato Marina Natalucci, Responsabile della ricerca sul software gestionale degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.
Nonostante le sfide emergenti, la ricerca evidenzia che comunque il mercato del software è in crescita. Gli avanzamenti nella digitalizzazione degli ultimi anni hanno sfruttato il software come strumento per rendere le aziende resilienti agli shock di contesto, come la recente emergenza sanitaria.

La penetrazione dei software gestionali nelle PMI

Riguardo alla diffusione dei software gestionali nelle PMI nel 2023, la ricerca ha coinvolto un campione esteso di oltre 500 PMI cross-settoriali. Si osserva una sostanziale stabilità nei tassi di penetrazione rispetto al 2022, con eccezione della Gestione documentale e workflow, che registra un aumento del 5% sull’anno precedente, con un’adozione complessiva del 53% nel campione.
La Gestione amministrativa e contabile rimane la soluzione software più diffusa (88%, +1 punto percentuale rispetto al 2022), seguita dalla Gestione del personale (61%), Controllo di gestione (58%), Gestione logistica e magazzino (54%), Approvvigionamento e produzione (50%), e CRM (42%).

E’ il momento del consolidamento

Nonostante il contesto economico incerto, il mercato del software non ha mostrato segni di cedimento, ma sembra vivere una fase di consolidamento delle soluzioni già presenti in azienda. Un esempio di questa tendenza è l’attenzione crescente all’ammodernamento degli applicativi in uso: cresce il numero di PMI che aggiornano completamente le soluzioni adottate (34%, +5 punti percentuali), mentre diminuiscono quelle che mantengono le soluzioni nella loro versione originale (7%, -2 p.p.).
Tuttavia, nonostante la propensione alla revisione dei processi, molte aziende prediligono ancora la personalizzazione del software in base alle esigenze funzionali del business, con l’Approvvigionamento e produzione (40%) e la Gestione del personale (38%) come soluzioni maggiormente “su misura”.
L’integrazione applicativa tra i vari software migliora passando dal 29% al 38% nelle imprese analizzate, ma resta ancora bassa l’integrazione esterna, con il 43% delle PMI che non prevede uno scambio automatico di informazioni con gestionali e altri sistemi di terze parti.

Una trasformazione ampiamente in atto

Nel complesso, le aziende hanno fatto progressi secondo l’indice di maturità sviluppato dalla ricerca. Solo il 13% delle aziende è all’inizio del percorso di trasformazione (in decrescita del 4% rispetto a un anno fa), mentre il 55% (+9 punti percentuali) del campione ha un indicatore complessivo superiore alla media di mercato e il 13% (+4 p.p.) appartiene al cluster delle aziende avanzate che hanno avviato azioni in tutte le dimensioni identificate.

Osservatorio Imprenditoria Retail 2023: sfide e opportunità 

L’Osservatorio Imprenditoria Retail 2023 ha presentato i risultati del suo studio annuale, che analizza il mondo dell’imprenditoria nel settore del franchising e della distribuzione organizzata. Il rapporto, promosso da Largo Consumo con TradeLab, offre una panoramica completa sulle prospettive e le tendenze degli imprenditori di questo comparto.

Ricerca di personale, tasto dolente

Uno dei dati più rilevanti emersi dallo studio è che il 56% degli imprenditori ritiene che la ricerca di personale sia diventata più complessa dopo la pandemia. Questa sfida si presenta in particolare per settori come le farmacie, l’abbigliamento e la ristorazione. I canali più efficaci per la ricerca di personale includono le conoscenze dirette, le segnalazioni di dipendenti e conoscenti, LinkedIn e i social media, oltre ai centri per l’impiego.

Ottimismo sul futuro

Nonostante le incertezze, il 75% degli imprenditori è ottimista riguardo al futuro del settore per i prossimi 18 mesi. Questa positività è guidata dalla forza e dalla notorietà del marchio, dalla qualità dei servizi offerti e dalla qualità dei prodotti. Tuttavia, il grado di ottimismo varia tra i diversi settori, con le profumerie al top (100%) e l’abbigliamento e la telefonia leggermente inferiori (67%).
Il 36% degli imprenditori ha l’intenzione di investire in settori diversi da quello di appartenenza. I settori più attraenti per nuovi investimenti includono la ristorazione, l’immobiliare e i servizi. Questo indica una volontà di diversificazione e un’apertura a opportunità al di fuori del proprio settore principale.

Qualità e prezzo, qual è il loro valore?

Sia i clienti sia gli imprenditori mettono l’accento su un alto rapporto qualità-prezzo nei prodotti a marchio del distributore (MDD). Tuttavia, i clienti cercano anche prezzi più convenienti e garanzie contro l’inflazione. Per gli imprenditori, è importante garantire il controllo di qualità, oltre al rapporto qualità-prezzo e scontrini competitivi.
Nel settore della ristorazione, il 75% degli imprenditori ritiene che il motivo principale per aderire a una rete sia il prestigio e la notorietà dell’insegna. Questi fattori sono cruciali per la soddisfazione degli affiliati, seguiti dalla qualità dei prodotti e dalla distintività del menu.

Per concludere

In conclusione, l’Osservatorio Imprenditoria Retail 2023 rivela sfide nella ricerca di personale, ma anche un’ottimistica prospettiva per il futuro. Gli imprenditori sono aperti alla diversificazione e mettono l’accento su qualità e prezzo, mentre nel settore della ristorazione, il prestigio dell’insegna svolge un ruolo chiave nell’adesione alle reti.

Mutui, diminuiscono le richieste ma…

In una situazione economica non facile a livello globale, è interessante esplorare quale sia l’andamento dei mutui. In base alle ultime analisi effettuate dal Sistema di Informazioni Creditizie EURISC, si scopre che l’importo medio richiesto per i mutui in Italia ha raggiunto la cifra di 144.162 euro.
È interessante notare che 8 richieste su 10 prevedono piani di rimborso che superano i 15 anni. Questo dato indica la preferenza delle famiglie italiane per soluzioni di rimborso dilazionate nel tempo.

Oltre il 60% dei richiedenti ha fra i 25 e i 44 anni

Guardando all’età dei richiedenti, il 60,9% del totale è composto da persone tra i 25 e i 44 anni, mentre il 33,4% rientra nella fascia d’età tra i 45 e i 64 anni. Questo suggerisce che la richiesta di mutui è particolarmente diffusa tra i giovani e la fascia di età intermedia.

Tuttavia, nei primi nove mesi dell’anno, si è osservato un trend negativo nella domanda di mutui da parte delle famiglie italiane, con una diminuzione del 19,4%. Però, a partire dal mese di settembre, sono emersi segnali di ripresa, portando il calo a un più moderato -9,2% rispetto al periodo precedente. 

La situazione di mutui e surroghe? Dinamica 

Per comprendere appieno la situazione, è importante notare che a giugno le surroghe di mutuo sono diminuite del 17,3%, mentre i nuovi mutui erogati sono scesi del 24,9%. La situazione è dunque dinamica, con segnali di cambiamento nel corso dell’anno.

Inoltre, nei primi nove mesi dell’anno, l’importo medio richiesto per i mutui è rimasto sostanzialmente stabile, con una variazione dell’0,3%, che lo ha portato a un totale di 144.162 euro. Tuttavia, se si considera il solo mese di settembre, si è registrato un aumento dell’1,2%.

L’inflazione frena le richieste

Simone Capecchi, Executive Director di CRIF, ha sottolineato che negli ultimi mesi le richieste di finanziamento da parte delle famiglie italiane hanno subito un rallentamento dovuto all’inflazione e al contesto geopolitico.
Pertanto, la sostenibilità e la qualità del credito saranno temi cruciali per le banche nei prossimi mesi.

Le fasce di importo 

Per quanto riguarda la distribuzione per fascia di importo, nei primi nove mesi del 2023 le richieste di mutuo per importi tra 100.000 e 150.000 euro restano la preferenza principale delle famiglie italiane, rappresentando il 29,6% del totale.
La classe di importo tra 150.000 e 300.000 euro è la seconda scelta, con il 25,9%, mentre quasi il 40% richiede importi fino a 100.000 euro, e solo una piccola percentuale (5,1%) supera i 300.000 euro. Questi dati riflettono le diverse esigenze e possibilità delle famiglie italiane quando cercano finanziamenti per l’acquisto di immobili.