Le skills più introvabili dalle imprese? Cybersecurity, sviluppo software e AI 

Lo ha scoperto la survey condotta dalla startup TimeFlow: le skills più introvabili dalle imprese sono quelle relative alle aree della cybersecurity, dello sviluppo software e programmazione, e in misura leggermente inferiore, del settore dell’Intelligenza artificiale. Uno skills gap negativo, ma solo per il 28% degli intervistati, mentre il restante 72% ritiene che una scarsa concorrenza sia un fattore di mercato positivo, in quanto accresce la probabilità di ricevere un lavoro. Inoltre, sono le imprese di maggiori dimensioni a non essere intimorite dall’aumento della concorrenza, e a vedere criticità nella situazione attuale. Al contrario, sono soprattutto le aziende di più piccole dimensioni, e meno propense a fare investimenti in marketing, a ritenere che il forte disallineamento tra domanda e offerta sia positivo. 

Python, React JS, Jackrabbit le competenze più cercate del Software Developer 

Per chi necessita di trovare un Software Developer da affiancare al proprio team interno, le competenze più difficilmente trovabili sul mercato sono Python (60%), React JS (20%) e Jackrabbit (20%). Le difficoltà più sentite, non ricevere cv in linea con le competenze richieste, e il disallineamento di Ral tra quella offerta e quella richiesta dai Developer. Durante il processo di selezione, vengono valutate positivamente le soft skills di teamwork (33%), puntualità/organizzazione del tempo (22%), attenzione al dettaglio, comunicazione efficace, problem solving, rapidità di apprendimento (11%).

Investire nella formazione o cercare personale all’estero?

In Italia è molto sentita la difficoltà nel trovare elevate competenze all’avanguardia, a causa dei rapidi avanzamenti tecnologici e della scarsità di offerta in determinati settori. A livello di strategie da adottare per superare tali criticità, il 33% ritiene si debba prevedere una maggiore standardizzazione, scalabilità e flessibilità dei sistemi e si debba investire nella formazione. Il 22% pensa che la strategia da adottare sia facilitare l’accesso a mercati esteri in cui sono disponibili competenze tecnologiche a prezzi più competitivi. L’11% vorrebbe automatizzare il più possibile il processo di selezione e ingaggio.

Una disparità ma anche un’opportunità di mercato

“Attraverso la nostra indagine, scopriamo che la carenza di professionisti specializzati, in settori come la cybersecurity, lo sviluppo software e l’Intelligenza artificiale e non solo, è una sfida con cui molte aziende si confrontano. Tuttavia, vediamo in questa disparità un’opportunità di mercato, poiché spinge le imprese a cercare fornitori di competenze tecnologiche sul mercato nazionale e internazionale attraverso nuovi canali – afferma Lorenzo Danese, ceo di TimeFlow -. La nostra mission è creare un futuro in grado di colmare il divario tra domanda e offerta di competenze IT, superando le sfide del mismatch e portando innovazione migliorando contestualmente la qualità di vita dei professionisti del settore”.

Whatsapp sempre più interattiva: arrivano i videomessaggi istantanei

Whatsapp diventa sempre più “social” e aggiunge nuove funzionalità per rendere più dinamica e interattiva la piattaforma. L’ultima novità? La possibilità di rendere più vivaci e accattivati le conversazioni grazie ai videomessaggi istantanei. La popolare app di chat, di proprietà del gruppo Meta, ha infatti iniziato a implementare la possibilità di registrare e condividere brevi video personali direttamente nelle chat. I videomessaggi istantanei, da inviare o ricevere, saranno disponibili per tutti nelle prossime settimane. Lo afferma un  post apparso in questi giorni sul blog di Whatsapp.

Più interazione nelle chat

“I messaggi vocali su WhatsApp hanno cambiato il modo di comunicare delle persone grazie alla possibilità di condividere la propria voce rapidamente e in sicurezza. È con grande entusiasmo – si legge nella nota della piattaforma – che annunciamo l’evoluzione di questa funzione nei nuovi videomessaggi istantanei”.
“I videomessaggi sono il modo per rispondere alle chat  in tempo reale con qualsiasi cosa tu voglia dire e mostrare in 60 secondi”, ha precisato WhatsApp nel suo annuncio. “Pensiamo che questa opportunità sia un modo divertente per condividere momenti con tutta l’emozione che deriva dal video, che si tratti di augurare buon compleanno a qualcuno, ridere di uno scherzo o portare buone notizie”. 

Si può anche registrare a mani libere

Un video pubblicato su Facebook da Mark Zuckerberg dimostra come funzionerà la registrazione e la condivisione di un messaggio video. Si può utilizzare la funzione di messaggio vocale esistente o toccare l’icona per cambiare e registrare video. Tenendo premuta l’icona della videocamera, si registra il video e si può anche scorrere verso l’alto per bloccare e registrare a mani libere. C’è un’opzione per passare alla fotocamera frontale, verificare quanto tempo è trascorso e scorrere verso sinistra per annullare. Probabilmente per distinguerli dai normali video, i messaggi video vengono visualizzati in forma circolare nelle chat. Lo si vede anche nella clip condivisa da Zuckerberg.

Protezione dei dati con crittografia end-to-end

I messaggi video sono protetti con crittografia end-to-end, precisa ancora la società. In una chat, i messaggi vengono riprodotti automaticamente in modalità silenziosa e solo con il touch si avvia il suono. I messaggi video rimarranno nella cronologia della chat fino a quando non saranno eliminati.

L’ultima delle nuove funzionalità della chat

Negli ultimi mesi, Meta si è concentrata sull’introduzione di nuove funzionalità su WhatsApp. E questa dei video è solo l’ultima. Sono infatti apparsi i canali per seguire con più facilità persone e brand, l’opzione per modificare i messaggi già inviati e la possibilità di utilizzare Whatsapp su più smartphone e di spostare i messaggi su un nuovo telefono.

Vacanze: brevi per il 43% degli italiani, il 37% resta a casa

Quest’anno molti italiani non andranno in vacanza, oppure opteranno per vacanze brevi, fino a quattro giorni. Con il boom dei prezzi le vacanze brevi allettano infatti il 43% degli italiani. E se il 37% non partirà il 20% continuerà a scegliere vacanze lunghe. In generale, l’attuale aumento dei prezzi spingerà il 72% degli italiani a fare meno vacanze rispetto a qualche anno fa, mentre per il 28% questo non avverrà.  L’aumento dei prezzi rispetto al passato è stato riscontrato anche nelle ricerche tra le strutture ‘a caccia’ delle meritate vacanze. È quanto dichiara il 78% degli intervistati dallo studio ‘Tableau de bord – L’indice di fiducia dei consumatori’, realizzato per Udicon, l’Unione per la difesa dei consumatori, dall’Istituto Piepoli. 

Qualità dei servizi, prezzi convenienti e sostenibilità

Ma quali sono i fattori considerati fondamentali quando si deve prenotare una vacanza? Soprattutto qualità dei servizi offerti (49%) e prezzo conveniente (34%). Il fattore del turismo sostenibile nella scelta della struttura dove soggiornare è importante per il 75% di quanti prenotano un viaggio, mentre non lo è per un altro 18%. Il 66% consulta le recensioni per scegliere la struttura in cui trascorrere le vacanze, ma per il 67% le aspettative restano deluse. E in generale, il 44% sceglie la vacanza da solo o attraverso il passaparola di parenti e amici, tramite portali internet (40%) o attraverso agenzie di viaggio e tour operator (23%).

Italiani poco fiduciosi per il futuro

La ricerca, oltre alle vacanze, ha messo in luce anche le prospettive degli italiani per i prossimi mesi.
Il 37% degli italiani è poco o per nulla fiducioso nel futuro. Tanto che il 66% pensa di riuscire a risparmiare poco o per nulla, mentre solo il 30% pensa di riuscire a mettere da parte molto o abbastanza denaro. Prospettive non positive anche sul lavoro: secondo il 41% il numero di persone disoccupate in Italia nei prossimi 6 mesi aumenterà, bruscamente o leggermente. Secondo l’indagine, che registra un calo di 6 punti percentuali dei ‘pessimisti’ rispetto alla precedente rilevazione, gli ottimisti, per i quali la disoccupazione diminuirà, leggermente o bruscamente, si attestano al 18% (+2% rispetto alla precedente rilevazione).

Come conquistare la fiducia dei consumatori?

Inoltre, secondo il 43% degli italiani la situazione economica generale del Paese peggiorerà nei prossimi 6 mesi, riferisce Adnkronos, mentre per il restante 18% la situazione migliorerà. E per il 30% a peggiorare sarà anche la condizione economica della propria famiglia.
“In questa fase economica difficile, è fondamentale prestare attenzione alle esigenze dei consumatori e promuovere la trasparenza, l’affidabilità e la qualità dei servizi turistici, con particolare riferimento alla sostenibilità ambientale – commenta Martina Donini, presidente di Udicon -. Le strutture ricettive che abbracceranno politiche sostenibili avranno sicuramente maggiori possibilità di guadagnare la fiducia dei consumatori. Invitiamo gli utenti a valutare criticamente le informazioni disponibili, comprese le recensioni online”.

Disuguaglianza di genere: il gap è anche digitale

Lo scorso anno 2,9 miliardi di persone non hanno avuto accesso a internet, e ancora oggi milioni di utenti possono avvalersi solo di servizi di connessione costosi o scadenti. In pratica, a quanto emerge dal Global Connectivity Report 2022 del World Economic Forum, in quest’epoca di iperconnessione un terzo della popolazione mondiale non ha ancora accesso a internet. Si tratta di una disuguaglianza che ha origini socio-demografiche, tanto che nei paesi a basso reddito l’utilizzo di internet è pari al 22%, contro il 91% dei paesi con alto reddito. Ma è anche una questione di genere, poiché la percentuale cambia anche in relazione al sesso: il 62% degli uomini utilizza internet, contro il 57% delle donne. Insomma, oggi il Gender Gap è anche Digital.

In Italia il Digital gender Gap inizia dal lavoro

Secondo il Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum l’Italia si trova in fondo alla classifica europea per il tasso di partecipazione femminile al mondo del lavoro, l’equità retributiva e il reddito da lavoro, nonché per la presenza di donne tra alti dirigenti e professioni ad alta specializzazione. Le donne risultano essere sfavorite anche nelle carriere digitali, contesto in cui ricoprono meno posizioni degli uomini e subiscono un gender pay gap del 21%.
Inoltre, una donna su due che lavora nel settore tecnologico dichiara di aver subito molestie sul posto di lavoro.

Scarso accesso femminile agli strumenti tecnologici

L’origine di questa povertà digitale è da imputare a un’immagine stereotipata che vede la donna distante da un percorso di formazione orientato alle nuove tecnologie. Le donne più colpite sono quelle che vivono in situazioni di fragilità, presentano una bassa alfabetizzazione e un basso reddito. Fattori che rendono più difficile l’accesso agli strumenti tecnologici, scoraggiando l’empowerment femminile e l’acquisizione di competenze digitali. Le statistiche affermano che le donne hanno una probabilità del 18% in meno, rispetto agli uomini, di possedere uno smartphone, e ancora inferiore di utilizzare internet.

Non c’è innovazione senza inclusione e parità

In una società competitiva e globalizzata come la nostra, il digitale è una risorsa imprescindibile per lo sviluppo e l’innovazione. Il divario ICT acuisce significativamente le disuguaglianze di genere, impattando sulle opportunità professionali e la progressione di carriera delle donne.
Il primo passo, necessario e decisivo, per raggiungere la parità di genere è colmare il digital gap, così da garantire l’inclusione e le pari opportunità. C’è ancora tanta strada da percorrere, ma la rivoluzione socio-culturale è già in atto. Per appianare le disparità è importante che il percorso di innovazione tecnologica tenga conto dei principi di inclusione e parità. È necessario che le donne diventino protagoniste attive e proattive di questo cambiamento, entrando nei processi di progettazione, sviluppo e diffusione della tecnologia.

Lavoro: le priorità sono flessibilità, benessere e smart working

Cosa chiedono i lavoratori italiani? Secondo un’indagine di Hunters Group, società di ricerca e selezione di personale qualificato, i classici benefit materiali, come ad esempio auto aziendale, smartphone o buoni pasto, non sono più la priorità. Ora, a fare davvero la differenza sono flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e smart working.
“Non dobbiamo cadere nell’errore – precisa Marta Arcoria, Hr manager di Hunters Group – di pensare che parlare di felicità al lavoro sia fuori luogo. Tralasciando i vari job title evocativi o quelle che potremmo definire mode passeggere, il concetto di felicità, inteso, ovviamente, in senso ampio, è molto importante per tutti i lavoratori, indipendentemente dal ruolo, dalla tipologia di azienda o dagli anni di esperienza”.

Cosa desiderano i candidati italiani?

Dal sondaggio condotto tra oltre 1.500 candidati, emerge un quadro molto chiaro. Il 47% dei lavoratori italiani preferisce la flessibilità oraria e lo smart working, per avere così la possibilità di poter bilanciare, nel modo migliore possibile, vita professionale e vita privata. Il 42% dei candidati, invece, preferisce un ambiente di lavoro sereno e la possibilità di crescita professionale. Si tratta di elementi, che in un modo o nell’altro, possono contribuire a migliorare il benessere dei lavoratori, e di conseguenza, a ridurre i livelli di stress. Sembrerebbero meno importanti, invece, i benefit materiali, scelti soltanto dall’11% dei candidati.

Stipendio e benefit materiali non sono più sufficienti

“Gli ultimi tre anni – aggiunge Marta Arcoria – hanno ridisegnato completamente i modelli organizzativi e modificato radicalmente i desideri dei candidati. Abbiamo visto come stipendio e benefit materiali non possano più essere sufficienti per trattenere un talento o per portarlo a bordo, ma dal nostro sondaggio appare evidente come il quadro sia, ancora una volta, cambiato: oggi sono indispensabili flessibilità oraria, attenzione al benessere psico-fisico e smart working perché, davvero, stare bene anche in ufficio è fondamentale”. Sono i lavoratori più giovani a non voler assolutamente rinunciare allo smart working e alla flessibilità oraria, mentre chi ha maturato più esperienza punta soprattutto a benefit materiali, come l’auto aziendale e premi immediati, come i buoni shopping.

“Sulla felicità nessuno è più disposto a negoziare”

“A livello generale – continua Arcoria – i benefit rappresentano, in maniera sempre più marcata, una forte leva di motivazione dei dipendenti attuali e potenziali. Le aziende devono necessariamente tenere in considerazione il valore che questi fattori possono avere per le persone. Non dimentichiamo, infatti, che non è raro che un candidato prediliga, a parità di trattamento economico, un’azienda attenta al benessere dei propri collaboratori e che abbia valori in cui sia più facile rispecchiarsi. E il benessere si misura anche attraverso elementi che in molti casi vengono considerati secondari. Ma sulla felicità nessuno è più disposto a negoziare”.

Lavoro e felicità: un binomio possibile, anzi necessario

La relazione tra lavoro e felicità è necessaria? Secondo l’80% degli italiani intervistati da Glickon, sì. E per la quasi totalità (97%) essere felici rende anche più produttivi. Inoltre, più del 66% si dichiara contento della posizione che occupa, e per il 34% quella posizione rappresenta effettivamente ciò che sognava di fare, mentre il 37% si è adattato, ma si ritiene comunque soddisfatto e sereno. Considerando che nell’arco della vita si trascorrono oltre 90 mila ore lavorando, l’Osservatorio Glickon ha condotto una survey per scoprire se durante tutto questo tempo passato a lavorare si è davvero felici. 

Ma c’è chi ha vissuto felicemente le proprie dimissioni

I dati emersi dalla survey sono rassicuranti, soprattutto se rapportati allo scenario del mercato del lavoro, coinvolto da grandi fenomeni sociali, culturali ed economici come Great Resignation, Quite Quitting, Hope Fatigue.  Non c’è quindi da stupirsi se il 46% afferma di essere disposto a cambiare il proprio lavoro in nome della felicità, anche se dovesse rinunciare a qualcosa in termini economici o di benefit. Trova così spiegazione la risposta del 65% che ha ammesso di aver vissuto ‘con felicità’ le proprie dimissioni o il proprio licenziamento. Ma nonostante il detto ‘i soldi non fanno la felicità’ sia sempre valido, lo stipendio resta un parametro di felicità importante per il 62% degli intervistati.

Cosa ci rende davvero felici nel nostro lavoro? 

Ma cosa ci rende davvero felici del nostro lavoro? In cima a tutto, le relazioni con i colleghi e l’ambiente lavorativo (30%), seguite dalle attività specifiche di cui ci si occupa (28%), e da flessibilità, benefit e stipendio (23%), ma anche la valorizzazione del talento e l’attenzione verso il proprio percorso di crescita (19%). Un ambito, questo, che denota però un ampio margine di miglioramento, soprattutto con l’odierna corsa ai talenti. Le aziende, quindi, dovranno essere sempre più attente non solo ad acquisire, ma anche a saper trattenere i lavoratori.

Per GenZ e Millenials le relazioni sono più importanti

Per la GenerazioneZ e i Millenials la qualità delle relazioni e la qualità del tempo è più importante (16%) rispetto alla GenerazioneX e ai Boomer (12%), così come la trasparenza e l’etica della realtà per cui si lavora (15% vs 12%), mentre per gli over 40 contano il benessere psico-fisico (25% vs 20%), la valorizzazione economica e i benefit (19% vs 17%).
Quasi cross-generazionali,  riporta Ansa, sono invece crescita e sviluppo personale (24% per under 40 vs 22% over 40), e condivisione dei valori del brand o società per cui si lavora (6%). 
‘Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare nemmeno un giorno della tua vita’ resta il mantra per il 67% degli intervistati. Ma alla domanda ‘Riesci ad avere un buon work-life-balance tanto da renderti felice e serena/o?’ il panel si divide quasi a metà, con una leggera maggioranza di ‘no’ (51%).

Anche portare a riparare i device comporta rischi per la privacy

Portare il proprio device a riparare comporta rischi per la privacy? Secondo un’indagine condotta dall’Università di Guelph (Canada) la risposta è sì. Spesso infatti i tecnici guardano i file e i dati personali dei clienti, e a volte li copiano su dispositivi esterni. Si tratta di violazioni avvenute con la stessa frequenza sia nei negozi locali sia nelle grandi catene. Nella maggior parte dei casi, la violazione viene compiuta per cercare video e foto di contenuti intimi, specialmente nel caso in cui l’utente sia donna. Le violazioni della privacy rilevate dalla ricerca riguardano quindi i dati privati, che quasi mai hanno a che fare con il problema del pc. Ma poiché perpetrate da tecnici specializzati spesso è anche difficile rilevare segnali di queste attività criminali. 

Fare un backup e rimuovere i file più critici

Per proteggere i dati personali sul computer Panda Security consiglia innanzitutto di verificare in rete la reputazione del tecnico, valutando opinioni e recensioni del negozio. Se è ancora possibile accedere ai dati, e utilizzare il computer prima di portarlo a riparare, fare un backup e rimuovere i file più critici. Rimuovere anche i dispositivi di archiviazione esterna, e utilizzare un software di crittografia per protegge i file Nei casi più estremi, dopo aver fatto il backup, utilizzare un software di cancellazione sicura per eliminare tutti i dati personali dal computer e le tracce delle ultime attività online. E non condividere le password se non è necessario a effettuare la riparazione.

I trend della privacy per il 2023

Tutelare la privacy della vita digitale degli utenti inizia a rappresentare un obiettivo concreto per i governi di tutto il mondo. Nel 2023 entreranno in vigore nuove leggi nazionali e internazionali a tutela della privacy del consumatore e relative al trattamento dei dati personali, come il GDPR europeo o il CCSA californiano. Inoltre, Google ha annunciato che ad aprile 2023 lancerà Privacy Sandbox per Android, un insieme di tecnologie proprietarie per sostituire i cookie (che verranno ritirati nel 2024) e raccogliere dati basati sui modelli di previsione dell’AI. Ma è anche possibile prevedere che nel 2023 le compagnie di assicurazioni inizieranno a offrire soluzioni pensate per tutelare i singoli utenti online, e non solo le aziende.

Le novità italiane in tema cybersecurity

Sono due le novità nel nostro paese: lo sviluppo delle certificazioni di cybersecurity e gli aiuti per la digitalizzazione provenienti dal PNRR. Nel 2023 le aziende italiane avranno quindi più strumenti per proteggere i dati personali dei clienti nel rispetto del GDPR e delle normative nazionali. Ma anche il settore pubblico dovrà difendere meglio i dati dei cittadini, altrimenti le conseguenze potrebbero essere catastrofiche L’aumento delle interconnessioni tra sistemi informatici personali, reti pubbliche, dispositivi IoT e identità digitali comporta nuovi rischi per le persone. Per questo la PA dovrà intensificare i propri sforzi per proteggere i dati personali, e garantire la continuità dei servizi in caso di cyberattacco.

Mettere un cagnolino nella foto profilo aiuta a trovare l’amore

I profili social in cui compaiono immagini di cani sono più interessanti? Sembra di sì. Forse perché generalmente si tende a pensare che i proprietari di animali domestici siano più affidabili ed empatici, poiché dimostrano di avere capacità di prendersi cura di un altro essere vivente. Di fatto, gli utenti single che si iscrivono ai portali di appuntamenti sono associati a un numero di possibilità più elevato di ricevere un match se nella loro foto profilo è presente un cagnolino. È quanto ha scoperto una ricerca commissionata da The Guide Dogs for the Blind Association, condotta dagli scienziati del britannico Kennel Club, il club cinofilo più antico del mondo.

Chi possiede animali domestici è più predisposto a instaurare una relazione stabile?

Il team di scienziati, guidato da Paul Martin, ha eseguito un sondaggio su mille adulti britannici iscritti a una applicazione o a un sito di incontri. E stando a quanto è emerso dall’indagine, circa i due terzi degli intervistati hanno riferito di trovare più interessanti i profili in cui comparivano immagini di cani. Il 60% del gruppo di intervistati riteneva poi che possedere animali domestici fosse in generale un tratto associato a una maggiore predisposizione a instaurare una relazione stabile.

I proprietari dei pet non vogliono impegnarsi con chi non ama i cani 

I proprietari di animali domestici venivano inoltre considerati più socievoli, attivi ed empatici. Il 50% degli intervistati ha infatti affermato che avrebbe scattato fotografie con un cane di amici o familiari per incrementare le possibilità di avviare una conversazione attraverso l’applicazione o il sito di incontri. Inoltre, il 59% dei proprietari di cani ha riferito di non avere intenzione di impegnarsi in una relazione con una persona non amante dei cani.

Avere un cane fornisce ulteriori possibilità di interagire nelle chat

“L’aspetto interessante – ha commentato Paul Martin – riguarda le caratteristiche in generale associate ai nostri amici a quattro zampe, e che vengono poi proiettate verso i proprietari di animali domestici. Empatia, pazienza e affidabilità sono tutti tratti desiderabili anche per un potenziale partner. Avere un cane potrebbe fornire ulteriori possibilità per interagire nelle chat e nei siti di incontri”.
Ma non è tutto, riporta AGI. “Avere un cane – ha aggiunto Helen Fisher, ricercatrice senior presso il Kinsey Institute in Indiana – rivela molti aspetti della personalità di qualcuno. Generalmente si tende a pensare che i proprietari di animali domestici siano più affidabili ed empatici, vista la capacità di prendersi cura di un altro essere vivente”.

Banche e assicurazioni italiane le più virtuose nella digitalizzazione delle vendite

Le aziende del comparto finanziario italiano possiedono un livello di integrazione tecnologica elevato. L’80% delle banche e delle assicurazioni è in grado di riconoscere i propri clienti su tutti i punti di contatto, e il 71% ha raggiunto la cosiddetta vista unica sul cliente (Single Customer View). Un risultato molto virtuoso, se paragonato alla media delle aziende italiane (18%). Inoltre, il 74% di banche e assicurazioni ha instaurato con i propri clienti una relazione continuativa nel tempo, rispetto a una media nazionale pari al 25%, e risultano anche molto mature per quanto riguarda l’integrazione tra canali fisici e online. Sono alcuni risultati del rapporto realizzato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in collaborazione con Minsait.

Una relazione con i clienti evoluta

Nel settore Banking i principali touchpoint utilizzati nella relazione aziende/clienti sono sito web proprietario (97%), email (94%), contact center (92%), filiali proprietarie e consulenti finanziari (entrambi 92%), mentre nel settore Insurance i principali canali sono email (100%), agenti e filiali proprietarie (98%), consulenti assicurativi (98%), contact center (88%), mobile app proprietarie (88%) e agenti monomandatari (85%). Il settore bancario e assicurativo, inoltre, è il più evoluto dal punto di vista tecnologico, con un’adozione delle singole tecnologie al di sopra della media: l’81% ha un Data Lake, l’80% una Customer Data Platform e l’86% piattaforme di Marketing Automation).

Maggiore integrazione dei canali

Quasi tutte le aziende, poi, possiedono un’infrastruttura in grado di integrare completamente le informazioni sui clienti: il 40% è in grado di farlo in maniera evoluta e il 52% attraverso sistemi integrati. Per quanto riguarda i processi di vendita, i modelli omnicanale più diffusi sono la possibilità di acquistare un servizio offline e ricevere la relativa documentazione online (88%), presenza nel punto fisico di personale dedicato all’assistenza clienti cross-canale (78%), e possibilità di prenotare un servizio online e di usufruirne offline (72%). Per orientarsi verso una maggiore integrazione dei canali, il 42% ha già una funzione aziendale dedicata alla gestione integrata dei diversi touchpoint, e il 26% ha introdotto un responsabile cross-funzionale con un team ad hoc per il coordinamento dei diversi canali.

Un settore attento alla sicurezza 

Quanto all’attenzione alla sicurezza, il 55% delle aziende del settore è dotata di sistemi basati su un doppio fattore di autenticazione, e sono più propense a sperimentare modalità di autenticazione innovative, come fattori biometrici (9% contro 1% campione complessivo), scansione di QR code (5% vs 1%), generazione di OTP in app (31% vs 4%). Anche per quanto riguarda l’identificazione di possibili vulnerabilità di sicurezza nelle applicazioni e infrastrutture in Cloud, il settore appare molto attento. Infatti, la totalità delle aziende svolge attività di security assessment periodiche. In ambito sicurezza e protezione dei dati, le soluzioni più diffuse tra banche e assicurazioni sono quelle afferenti al backup e recovery (95% vs 82%), soluzioni di data loss prevention (81%), e soluzioni di gestione delle identità e accessi del personale (81% vs 27%).

In Italia oggi il pieno costa di più 

Se nel 2022 gli automobilisti italiani sono stati tra quelli in Europa che hanno speso meno per il carburante, l’inizio del 2023 ci ha proiettato ai primi posti della classifica europea: oggi siamo la nazione dove accise e imposte pesano di più sul prezzo finale. Nel 2022 infatti la spesa media sostenuta dall’automobilista italiano per la benzina è stata pari a 1.008 euro, valore che ha fatto guadagnare al nostro Paese il settimo posto tra quelli analizzati da Facile.it. Facile.it ha analizzato il prezzo dei carburanti in 12 nazioni UE, considerando il prezzo riportato dalla Commissione europea e ipotizzando il consumo di un’autovettura utilitaria con una percorrenza di 10.000 km l’anno. 

Nel 2022 il prezzo del pieno era meno salato

Nel 2022 in Danimarca, ad esempio, gli automobilisti hanno speso il 15% in più rispetto a noi (1.160 euro), in Grecia il 13% (1.140 euro) e in Germania il 6% (1.069 euro). Se la Francia ha fatto registrare valori simili all’Italia (1.005 euro), più fortunati gli automobilisti austriaci, per i quali la spesa è stata del -5% rispetto a quella sostenuta dagli italiani (960 euro), e ancor più quelli sloveni (-18%, 830 euro). Quanto al prezzo del diesel, la spesa sostenuta nel 2022 dagli italiani è stata pari a 1.009 euro. Fanno meglio di noi solo Portogallo (-1%, 998 euro), Spagna (-1%, 997 euro) e Slovenia (-10%, 909 euro). Maglia nera per la Svezia, dove gli automobilisti hanno speso 1.275 euro (+21% rispetto all’Italia), e la Danimarca (1.091 euro, +8%).

Nel 2023 salgono i prezzi per gli automobilisti italiani

Prendendo in considerazione il prezzo dei carburanti rilevato nella prima settimana del 2023, la classifica cambia radicalmente. Considerando 2 settimane di uso dell’auto, se si guarda al prezzo della benzina, l’automobilista italiano balza al quarto posto della classifica, con una spesa di 42 euro, oltre il 40% in più rispetto a quello sloveno e il 15% in più rispetto a quello austriaco. Peggio di noi solo Danimarca (44 euro), Grecia e Francia (43 euro). Guardando al prezzo del diesel, invece, il conto pagato dall’automobilista italiano è il terzo più caro d’Europa: 43 euro, +24% rispetto a Slovenia e +17% sul Portogallo. Fanno peggio solo Svezia (49 euro) e Francia (44 euro).

Il peso di accise e imposte

Analizzando i dati della Commissione europea aggiornati alla prima settimana 2023 e relativi al valore percentuale di accise e imposte sul prezzo del carburante, emerge che l’Italia è la nazione dove queste voci pesano di più. Per la benzina sono pari al 58,2% del prezzo pagato alla pompa, mentre per il diesel al 51,1%. Nella prima settimana di dicembre 2022 il nostro Paese era terzultimo in classifica. Accise e imposte incidevano il 46,4% sul prezzo della benzina e il 38,9% su quello del diesel.
Curioso il caso svedese: è il Paese dove il peso percentuale delle tasse sul diesel è più basso (37,2%), ma il prezzo alla pompa è il più alto d’Europa.