eCommerce, dati in salita: ritmo più veloce del pre-Covid

La crescita non si ferma, sebbene le modalità siano leggermente diverse rispetto all’epoca pre-Covid : l’eCommerce B2C in Italia non sembra conoscere battute di stop. Da un lato gli acquisti di prodotto continuano ad aumentare, sebbene con un tasso più contenuto (+18%) rispetto a quello dello scorso anno (+45%), e toccano i 30,5 miliardi di euro. Dall’altro gli acquisti di servizio, dopo la crisi del 2020, segnano una ripresa (+36%) e raggiungono gli 8,9 miliardi di euro. Rimane però ancora significativo il divario rispetto al 2019 quando il comparto valeva 13,5 miliardi. Sono alcuni dei dati contenuti nell’Osservatorio eCommerce B2C, giunto quest’anno alla sua ventunesima edizione e come sempre condotto dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm.

La pandemia ha cambiato profondamente le abitudini

“La pandemia ha trasformato i comportamenti, il mindset e le preferenze dei consumatori nei confronti degli acquisti online, generando cambiamenti che sono destinati a radicarsi e permanere” ha detto Roberto Liscia, Presidente di Netcomm . Se pensiamo che prima dell’emergenza sanitaria, il 70% dei rivenditori e grossisti non fosse organizzato per le vendite online, mentre nel 2020 l’e-commerce a livello europeo ha raggiunto il valore di 757 miliardi di euro, con una crescita del +10 rispetto al 2019, si comprende quanto l’emergenza sanitaria abbia segnato una vera e propria esplosione del commercio online, mettendo in luce l’importanza della trasformazione digitale che ha stimolato produttori, retailer e l’intero settore del commercio al dettaglio ad aprire nuovi canali di vendita online per adottare nuove soluzioni di commercio omnicanale”.
“Oggi l’eCommerce viene scelto in modo consapevole per gli acquisti quotidiani da un numero crescente di italiani” ha aggiunto Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c “Nel 2021 l’incidenza dell’eCommerce B2c sul totale vendite Retail, indice della maturità online, raggiunge il 10% (era il 9% nel 2020). Nella sola componente di prodotto la penetrazione passa dal 9% nel 2020 al 10% nel 2021 (+1 punto percentuale rispetto al 2020), con un incremento più contenuto rispetto a quello osservato tra 2019 e 2020 (+3 punti percentuali). Nel 2021, aumenta anche l’incidenza della componente servizio che passa dal 10% all’11%”. 

Senza l’emergenza sanitaria i numeri sarebbero ancora maggiori

Ma quale sarebbe stato il valore dell’eCommerce italiano senza la pandemia? In base ai calcoli dei ricercatori, che hanno applicato per il 2020 e 2021 il tasso di crescita medio annuale nel periodo 2016-2019, il valore degli acquisti eCommerce avrebbe raggiunto i 36,6 miliardi di euro nel 2020 (rispetto ai 32,5 miliardi effettivamente registrati) e di 42,9 miliardi di euro nel 2021 (rispetto ai 39,4 miliardi registrati). Senza il Covid-19, quindi, il mercato online avrebbe chiuso il 2021 con 3,5 miliardi di euro in più, soprattuto perchè non ci sarebbe stato il “crollo” del comparto del Turismo e Trasporti.

Malessere psicologico e lavoro, colpiti il 50% degli italiani

Il malessere psicologico legato al lavoro colpisce metà degli italiani. Secondo una ricerca di BVA Doxa per Mindwork, la società italiana di consulenza psicologica online specializzata in ambito aziendale, quasi l’85% degli intervistati considera il proprio benessere psicologico correlato al proprio benessere sul lavoro. E la quota di chi dichiara di soffrire di frequenti problemi di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro sfiora il 50%.
“L’80% delle intervistate e degli intervistati ha provato almeno un sintomo correlato al burnout – spiega Biancamaria Cavallini, psicologa del lavoro e customer success manager di Mindwork -. Questo purtroppo non sorprende: la durata dell’emergenza sanitaria sta mettendo a dura prova le persone”.

L’ambiente di lavoro è il luogo meno adatto per esprimere il proprio disagio

Il 40% del campione intervistato riferisce inoltre di non sentirsi libero di parlare del proprio malessere emotivo nel luogo di lavoro. In continuità con i dati del 2020, l’ambiente di lavoro si conferma il luogo meno adatto per esprimere il proprio disagio, anche tra coloro che si sentono tranquilli nel condividere il proprio malessere tra le mura di casa. La salute psicologica, insomma, fatica a essere normalizzata in azienda, sebbene sia una necessità urgente. Una persona su tre dichiara infatti di essersi assentata dal lavoro a causa di malessere emotivo dovuto ad ansia e un carico eccessivo di stress che non riusciva più a sostenere.

Le iniziative delle aziende per tutelare la salute psicologica dei lavoratori

Secondo i dati emersi, poi, sono i lavoratori più giovani ad avere una maggior propensione a lasciare il lavoro a causa di un malessere emotivo a esso correlato. Il 49% degli under 34, infatti, si è dimesso almeno una volta per preservare la propria salute psicologica. La tendenza è in aumento di 5 punti percentuali rispetto al 2020. Il 92% degli intervistati ritiene importante che l’azienda si occupi attivamente del benessere psicologico dei dipendenti. Tuttavia, il 42% ritiene inefficaci le iniziative promosse dalla propria azienda ridurre lo stress legato al lavoro. Nelle aziende dove è previsto un servizio di supporto psicologico, il 60% delle persone lo valuta positivamente e ritiene che sia necessario che il servizio continui anche quando l’emergenza Covid-19 sarà finita.

Il rientro in azienda post-Covid e lo stato emotivo dei lavoratori

Quanto al ritorno in azienda, circa il 40% si dice preoccupato del rientro a tempo pieno, al punto che il 20% cambierebbe lavoro se costretto a rientrare. I motivi principali di tale preoccupazione sono la gestione tempo, il vissuto di stress e la gestione familiare. Tanto che il 62% dei lavoratori e delle lavoratrici valuta utile un servizio di supporto psicologico per fronteggiare momenti di stress e disagio legati al rientro in azienda. Quota che, rispetto al 2020, è salita di 8 punti percentuali (dal 54% al 62%). 

Entro il 2023 l’export italiano raggiungerà 532 miliardi

Le previsioni per l’export in Italia stimano una crescita continua nel prossimo biennio: nel 2021 si attende un rimbalzo dell’11,3%, rispetto al calo in valore del 9,7% registrato nel 2020, che permetterà un pieno ritorno ai livelli pre-pandemia, con un aumento ulteriore del 5,4% nel 2022 e una crescita del 4,0%, in media, nel biennio successivo.
“Secondo le rilevazioni dell’Ufficio Studi di PwC l’export italiano, che nel 2021 ha già superato i livelli pre-pandemia, entro il 2023 toccherà 532 miliardi di euro, con una crescita del 24% rispetto al 2020 – spiega Andrea Toselli, Presidente e Amministratore Delegato di PwC Italia -. A incidere positivamente saranno anche i 6,8 miliardi di risorse stanziate dal PNRR e i fondi complementari a sostegno diretto dell’agroalimentare italiano”. 

Agroalimentare, esportazioni in continua crescita

L’agroalimentare è il comparto che ha risentito meno della crisi pandemica, non essendo stato colpito da particolari restrizioni o fermi produttivi. Il
Food, ma anche l’hospitality, restano infatti comparti chiave del tessuto produttivo italiano sui quali investire per il benessere del Paese.
Secondo i dati Interscambio Settoriale Agroalimentare 2021, dell’Osservatorio Economico Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il valore dell’export nel mercato agroalimentare è in continua crescita, così come il suo peso sul totale dell’export italiano, che aumenterà nel 2021 dell’11% rispetto al valore di 44,6 miliardi di euro nel 2020. 

A guidare la ripresa sono anche i cambiamenti di consumo

Le previsioni dell’Ufficio Studi di PwC Italia per il periodo 2021- 2024 segnalano tassi di crescita superiori ai livelli pre-Covid sia per gli scambi mondiali sia per le esportazioni italiane nel settore alimentare. Nel 2020 il valore delle vendite all’estero di prodotti italiani è rimasto in crescita, così come il suo peso sul totale dell’export italiano, passato dal 9,2% nel 2019 al 10,3% nel 2020. Ma a guidare la ripresa del settore agroalimentare sono anche i cambiamenti di consumo. Nel 2022 si mangerà più italiano, biologico e locale. La pandemia ha modificato la relazione dei consumatori con il cibo, evidenziando una maggiore attenzione per la salute, la cura per l’ambiente, con una propensione per il cibo italiano, biologico e locale.

Hospitality, scambi mondiali in risalita

È in forte risalita anche l’export italiano della Ristorazione professionale, che nei primi tre mesi del 2021 registra un aumento del +20,8% a valore rispetto al 1° trimestre 2020, superando anche i livelli pre-Covid con una crescita del +7,5% sullo stesso periodo nel 2019. Entro il 2024 si prevede un ritorno a ritmi di sviluppo accelerati per gli scambi mondiali. Fra i segmenti più dinamici si evidenziano proprio la Ristorazione professionale (+6,9% medio annuo nel periodo 2021-’24 a valore) e la vendita di Caffè e macchine (+7% medio annuo).  Anche a livello italiano, l’export dei servizi di hospitality sarà guidato dai comparti Caffe e macchine, panificazione e pasticceria.

Per il 19% degli italiani meno shopping Non Food

L’emergenza sanitaria ha cambiato l’approccio ai consumi non alimentari, e le conseguenze si faranno sentire anche nei prossimi mesi. E mentre la campagna vaccinale avanza le conseguenze sugli italiani della pandemia si fanno ancora sentire, tanto che gli effetti sulla propensione ai consumi e sulla scelta di dove fare acquisti proseguiranno nei prossimi mesi del 2021, con strascichi anche nel 2022. Si tratta di alcune evidenze emerse dall’indagine condotta da Metrica Ricerche per conto dell’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy, che ha rilevato il sentiment dei consumatori Non Food in termini di evoluzione dei comportamenti di acquisto, anche digitali, e di visita alle diverse location commerciali e ai singoli punti vendita.

La preoccupazione fa diminuire la spesa non alimentare

Tra gli intervistati, il gruppo più numeroso è quello di coloro che si dichiarano abbastanza preoccupati per la situazione economico-sanitaria (44%), e che per questo, cercheranno di acquistare limitatamente i prodotti non alimentari, posticipando o annullando gli acquisti ritenuti superflui. Il 37% degli intervistati invece non è preoccupato e ritiene che riprenderà ad acquistare prodotti Non Food, e nel 15% dei casi aumenterà lo shopping, in particolare nell’area del “fai da te”. Il restante 19% invece è in stato di allarme, e si dice intenzionato a ridurre gli acquisti cercando canali e punti vendita con più promozioni. In un caso su tre, poi, rinuncerà del tutto agli acquisti, rinviandoli al 2022.

Cambiano le scelte sui canali di acquisto

Le conseguenze dell’emergenza sanitaria e le preoccupazioni economiche continuano a influenzare anche le scelte sui canali di acquisto, ma meno che negli scorsi mesi. Se un anno fa circa il 50% dei consumatori aveva cambiato i canali e i punti vendita dove fare la spesa, ora la percentuale di chi intende farlo è scesa al 30-40%, con punte più alte negli elettrodomestici e nei prodotti di telefonia/informatica, e valori più bassi nell’ottica. La ricerca di store fisici più sicuri per la salute varia dal 18% al 28%, a seconda dei settori, ed è sopra la media nei grandi elettrodomestici, nel brico e negli articoli per la casa.

Meno centri commerciali più Internet

Anche la frequentazione dei centri commerciali continuerà a essere influenzata dalla situazione contingente. Il 40% dei visitatori abituali dichiara un possibile calo della frequenza, e oltre un terzo è intenzionato a ridurla in modo deciso. Invece un altro 54% dice di non voler cambiare le proprie abitudini e un 6% afferma di volerli visitare più spesso. Nel post pandemia hanno avuto sicuramente una decisa accelerazione gli acquisti online di prodotti del Non Food, e il trend si conferma anche nella seconda parte del 2021. Il 40-50% del campione afferma infatti che aumenterà i propri acquisti su internet per quasi tutte le categorie di prodotti Non Food. Una tendenza forte soprattutto nei settori ormai appannaggio dell’e-commerce, come libri, giocattoli, tecnologia e attrezzature sportive.

In estate contrazione dei mutui, ma è un rimbalzo “tecnico

Nei mesi di luglio e agosto le istruttorie registrate sul sistema di informazioni creditizie gestito da CRIF, relative alla richiesta di muti e surroghe, hanno fatto segnare una secca battuta d’arresto, rispettivamente pari a -21,4% e -27,1%, tornando sostanzialmente sui volumi che si registravano nel 2019, prima dell’esplosione della pandemia. Questo dopo un primo semestre dell’anno caratterizzato per una crescita delle richieste (+20,6%), corrispondente periodo del 2020. La flessione registrata negli ultimi due mesi va però letta come un rimbalzo tecnico, considerando che nei mesi estivi del 2020 si erano concentrati volumi di richieste elevati, accumulati durante il primo lockdown.

Una dinamica parzialmente attenuata dalle richieste degli under 35

La dinamica è parzialmente attenuata dalla vivacità degli under 35, che stimolati dalle agevolazioni statali, da tassi prossimi ai minimi storici, e un costo delle abitazioni ancora appetibile, risultano l’unico segmento in crescita. Nel complesso la fascia di età al di sotto dei 35 anni è l’unica ad aver fatto registrare volumi di richieste in crescita nei primi 8 mesi del 2021, risultando fondamentale per la tenuta dell’intero comparto. Osservando la distribuzione delle istruttorie di mutuo in base all’età del richiedente, l’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF evidenzia come in questa prima parte dell’anno la fascia compresa tra i 35 e i 44 anni risulti maggioritaria, con il 29,5% sul totale delle richieste.

La casa rimane centrale nei progetti di investimento degli italiani

“Rispetto al recente passato va però sottolineato come in questa fase la domanda sia prevalentemente sostenuta dai nuovi mutui d’acquisto – commenta Simone Capecchi, Executive Director di CRIF -, a conferma della centralità della casa nei progetti di investimento degli italiani, mentre le surroghe continuano a ridurre il proprio peso a causa della progressiva contrazione della platea di mutuatari per i quali la rottamazione del vecchio finanziamento risulta ancora conveniente. Al netto dell’andamento degli ultimi due mesi, che scontano il confronto con un corrispondente periodo fortemente condizionato dalla prima ondata pandemica, nel complesso il numero di richieste di mutui e surroghe risulta sostanzialmente allineato ai volumi del 2019”.

Cresce l’importo medio richiesto 

Al contempo, continua la crescita dell’importo medio richiesto, che dopo aver toccato il record assoluto degli ultimi 15 anni a luglio (141.422 euro), ad agosto si attesta a 137.945 euro. Anche in questo caso il dato è condizionato sia dalla propensione degli italiani a richiedere un importo più elevato, grazie a un costo del denaro contenuto, sia per la minore incidenza dei mutui di sostituzione, che per natura si caratterizzano per un importo più basso. Se da un lato gli italiani mostrano di privilegiare mutui per un importo compreso tra i 100.000 e i 150.000 euro, con il 29,8% del totale, al contempo si consolida l’orientamento verso piani di rimborso sempre più lunghi. La classe maggiormente richiesta risulta essere quella tra i 25 e i 30 anni (26,8%), l’unica ad avere visto crescere il proprio peso rispetto al 2020. 

Italiani e Olimpiadi, qual è l’opinione sui Giochi?

Mentre le Olimpiadi di Tokyo sono in pieno svolgimento, senza pubblico a causa del rischio sanitario, Ipsos ha condotto un sondaggio per capire quale sia l’opinione pubblica in merito all’evento da parte dei cittadini di 28 paesi del mondo. Poiché la ricerca è stata svolta poco prima dell’avvio dei Giochi, emerge soprattuto una grande percentuale (il 57%) che avrebbe preferito far slittare ancora l’evento, contro un 43% che invece si dichiara concorde sullo svolgimento. I meno convinti in assoluto sono i padroni di casa, i giapponesi: il 78% è contrario rispetto al 22% a favore. Tuttavia, il 62% in tutto il mondo è d’accordo che i Giochi saranno un’importante opportunità per il mondo di riunirsi, insieme, dopo la pandemia.

Italiani più ottimisti

Come la pensano in merito i nostri connazionali? E a quali sport saranno più interessati? Il sondaggio risponde evidenziando che il 58% degli italiani è a favore che la competizione si svolga, mentre, il 42% è in disaccordo. Le Olimpiadi possono essere considerate un momento per ritornare a essere tutti più uniti? Il 78% degli italiani non ha dubbi ed è convinto di sì, a differenza del 22% che rimane scettico.
Quanto sono interessati gli italiani a questa manifestazione? I risultati evidenziano che il 12% è davvero interessato, il 36% è alquanto coinvolto, il 31% non è molto partecipe e infine il 21% non è per nulla interessato. Delle innumerevoli discipline proposte alle Olimpiadi è stato chiesto quali siano gli sport preferiti e dati alla mano, i primi tre che hanno riscontrato maggiore interesse per gli italiani sono stati: l’atletica con il 32%, gli sport acquatici con il 30% e il calcio con il 26%.

Quanto contano i valori dello sport? E i vaccini?

Agli italiani è stato poi chiesto se questa manifestazione possa in qualche modo essere d’ispirazione alle generazioni del domani per partecipare e essere ancora più uniti attraverso i valori dello sport. I risultati sono stati convincenti e circa l’82% delle persone è convinta di sì, mentre il restante 18% è contraria. È stato anche domandato se i fondi governativi dovessero essere usati a supporto degli atleti per le Olimpiadi e ancora una volta, la maggioranza (71%) si è espressa a favore e la minoranza (29%) a sfavore. Altre domande sono state: questo grande evento unirà ancor di più il nostro Paese? Il 75% degli italiani non ha dubbi, mentre, il 25% è in disaccordo. Esiste tanto nazionalismo alle Olimpiadi? La maggioranza degli italiani non è d’accordo (59%), mentre, la minoranza (41%) è a favore. Un’ultima domanda ha riguardato la priorità dei vaccini nei confronti degli atleti impegnati durante la competizione e ben il 75% degli italiani è stato d’accordo, mentre il 25% in totale disaccordo.

Covid e appuntamenti amorosi: meglio organizzarli solo con chi è vaccinato

Secondo un’indagine condotta da Kaspersky, dall’inizio della pandemia gli utenti sono più ansiosi a incontrare qualcuno di persona, ma il numero di coloro che preferisce non organizzare incontri offline nello stesso periodo è raddoppiato, passando dal 22% al 41%. Il 48% degli italiani, la percentuale più alta in Europa, preferisce organizzare incontri offline solo con persone che possiedono un certificato di vaccinazione, mentre i meno preoccupati sono gli olandesi (13%) e i tedeschi (15%). Insomma, isolamento e restrizioni imposte dalla pandemia hanno aumentato il livello di attenzione che gli utenti prestano a salute e sicurezza personale, anche per quanto riguarda gli appuntamenti amorosi.

Il 39% degli italiani si preoccupa per il primo incontro dal vivo

Se gli eventi causati dalla pandemia hanno cambiato radicalmente molte attività quotidiane gli appuntamenti romantici non fanno eccezione. Nei mesi in cui è stato imposto l’autoisolamento, le persone hanno trascorso più tempo sulle app di incontri e il numero di utenti di queste piattaforme è cresciuto. La necessità di chiedere a un potenziale partner il certificato di vaccinazione è un’ovvia conseguenza della pandemia, ma le preoccupazioni che nascono quando arriva il momento di incontrare il proprio match offline non si limitano al solo fatto di ammalarsi. Il 39% degli italiani ha dichiarato che quando arriva il momento del primo incontro dal vivo si sente agitato, mentre il 28% prova insicurezza.

“Il passaggio da online a offline per molti è un atto di fede”

Per alleviare alcune di queste preoccupazioni, il 71% degli utenti italiani di queste app preferisce iniziare da un approccio telefonico o da una videochiamata prima di accettare un incontro offline.
“Le politiche e le restrizioni vigenti in tutto il mondo hanno dato agli appuntamenti online un ruolo importante nella vita delle persone. Tuttavia, il passaggio da ‘online’ a ‘offline’ è per molti un ‘atto di fede’ – commenta David Jacoby, security expert di Kaspersky -. Per continuare a godersi gli appuntamenti online e offline in tutta sicurezza, è importante essere consapevoli dei dati che si condividono con il potenziale partner perché nel caso in cui si cambi idea sull’incontro è sempre possibile avere il controllo della situazione, sapendo quante informazioni personali sono state condivise e come possono essere utilizzate”.

“Un incontro fisico è tutta un’altra cosa”

“In fondo, incontrarsi di persona dopo mesi di isolamento è un bisogno intrinseco negli esseri umani – commenta la terapista Birgitt Hölzel, dello studio Liebling + Schatz di Monaco -. Certo, le app di incontri hanno permesso di entrare in contatto con nuove persone durante la pandemia, ma solo virtualmente. Un incontro fisico è tutta un’altra cosa”.
Un’alternativa che può essere d’aiuto per tutelarsi fino a quando non ci si sente sicuri a incontrare qualcuno che non abbia ancora fatto il vaccino, è quello di organizzare una videochiamata un po’ più “intima”. Sicuramente non è come incontrarsi “di persona”, ma almeno è sicura.

Olio extravergine di oliva e invecchiamento cognitivo, un aiuto per rallentarlo

L’olio extravergine di oliva può rallentare l’invecchiamento cognitivo? In un Paese che invecchia segnalando un tasso di natalità in costante discesa e un’aspettativa di vita sempre più lunga, sono necessari nuovi strumenti per incidere positivamente sulla “giovinezza mentale” della terza età. Una ricerca italiana nel corso del 2021 cercherà di capire se e come l’olio extravergine di oliva, più in particolare, l’idrossitirosolo in esso contenuto, sia davvero in grado di rallentare l’invecchiamento cognitivo favorendo una più lunga giovinezza mentale. La ricerca è condotta dal ricercatore dell’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma, Giorgio D’Andrea, “adottato” dall’azienda agroalimentare Monini attraverso la Fondazione Umberto Veronesi.

L’azione dell’idrossitirosolo e di latri fenoli sulle cellule staminali neuronali

Più in particolare, i ricercatori italiani si sono concentrati sull’idrossitirosolo, cercando di capire come agisca sulle cellule staminali neuronali. Si tratta di un fenolo dalle spiccate proprietà antiossidanti presente nell’olio extravergine di oliva insieme ad altre sostanze polifenoliche, come l’oleocantale, e ad altri elementi positivi per la salute, come l’acido oleico, i grassi polinsaturi essenziali, la vitamina A e la vitamina E. L’alto contenuto di polifenoli è del resto proprio uno dei criteri che definisce l’alta qualità di un olio. Lo studio italiano è attualmente l’unico al mondo a focalizzarsi sull’effetto dell’idrossitirosolo sulle cellule staminali neuronali del cervello.

I già noti benefici dell’EVO sul sistema cardiocircolatorio e sul sistema intestinale

Finora sono numerosi gli studi che hanno dimostrato gli effetti benefici dell’olio d’oliva sul sistema cardiocircolatorio e sul sistema intestinale, mentre esistono ancora molte incognite per quanto riguarda il sistema nervoso centrale. A differenza di quanto si credeva una volta, è infatti assodato da diversi anni che nuovi neuroni possono essere prodotti nel cervello anche in età adulta a partire da particolari cellule, chiamate staminali. 

“Abbiamo già dimostrato che l’ingestione di idrossitirosolo stimola la produzione di nuovi neuroni a partire da cellule staminali. Ora l’obiettivo è capire come si comportano questi nuovi neuroni, se aumentano effettivamente anche le capacità di apprendimento e di memoria”, spiega D’Andrea.

Entro l’estate le prime indicazioni dalla ricerca 

La ricerca è entrata proprio ora nella fase più “operativa” con l’avvio dei test, ed entro l’estate si attendono le prime indicazioni, riporta Akanews. Il progetto, così come il finanziamento della ricerca del dottor D’Andrea attraverso la collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi, rientra nel disegno complessivo di “A Hand for the Future”, il piano di sostenibilità decennale attraverso il quale Monini ha assunto l’impegno formale a costruire un futuro più equo per le nuove generazioni.

“Il piano – spiega Maria Flora Monini, terza generazione alla guida dell’azienda insieme al fratello Zefferino – esprime un modo diverso di fare impresa, l’unico davvero possibile oggi per creare sviluppo. Non possiamo più limitarci a produrre, dobbiamo allargare lo sguardo e l’impegno verso l’ambiente e la società in cui operiamo, e la ricerca scientifica rappresenta uno dei tasselli più importanti per costruire un futuro realmente sostenibile”.

Servizi digitali e pandemia: per un italiano su due la connessione è irrinunciabile

I servizi digitali sono uno dei settori più fortemente impattati dal Covid-19 e dalle nuove condizioni di vita portate dalla pandemia. Come mai prima di allora, connessione e tecnologia si sono configurati come bisogni irrinunciabili e primari. Tra smart working, dad e incontri online con amici e parenti, il rapporto Digital Home Study di EY ha quantificato bisogni e timori di questa nuova dimensione ultra digitale. 

Videochiamate professionali e dad le “scoperte” portate dal Covid

Uno degli effetti della pandemia è stata la spinta verso nuovi servizi digitali. La tendenza è globale, ma in Italia a causa di un’iniziale condizione di arretratezza è risultata ancora più marcata. Secondo il report di EY, un italiano su tre ha utilizzato per la prima volta una videochiamata per lavoro, contro il 20% dei francesi e il 18% dei tedeschi. La didattica online è stata una novità per il 30% degli italiani e il 23% ha utilizzato per la prima volta i servizi sanitari digitali (10% in più rispetto a Francia e Germania). 

Se digitalizzazione fa rima con preoccupazione

La digitalizzazione porta grandi vantaggi e benefici, ma anche una certa dose di ansia. In particolare, i nostri connazionali sono preoccupati dalla tutela della loro privacy. 
Rispetto al pre-pandemia, il 37% degli italiani afferma di essere più preoccupato sulla riservatezza dei propri dati. Il 66% sostiene di essere estremamente prudente nel condividere informazioni personali online. Inoltre, sono sempre di più gli utenti preoccupati per l’impatto  delle tecnologie sul “benessere digitale”. Un italiano su due sostiene di fare più attenzione alle conseguenze dell’utilizzo di Internet sul proprio benessere psicofisico rispetto a quanto facesse prima del Covid-19. Il 52% cerca di ritagliarsi dei momenti lontano dal proprio smartphone e il 39% pensa di passare troppo tempo davanti agli schermi.

Rete fissa, bisogno di trasparenza

Il 61% degli utenti ritiene che la trasparenza, soprattutto nei piani tariffari, sia il requisito principale  per scegliere il fornitore di servizi di rete fissa. Seguono la velocità della rete (59%) e la qualità del supporto tecnico (44%). Tutto questo, però, non significa che il fattore prezzo sia senza importanza. Mediamente, infatti, i consumatori non riescono a percepire le reali differenze tra i servizi offerti (un italiano su quattro non conosce la massima velocità della propria connessione). E alla fine si gioca tutto sul prezzo.
Così – sottolinea il report – gli operatori cercano nuovi clienti applicando sconti tramite la vendita di più servizi. Già il 25% degli intervistati ha un abbonamento Internet che tiene insieme rete fissa e mobile, e il 49% prenderà presto in considerazione questa opzione. Inoltre, il 52% pensa di poter ottenere un risparmio considerevole tramite acquisti bundle “rete fissa e mobile” da uno stesso operatore. Uno su due gradisce l’abbinamento rete fissa-pay tv e  il 30% guarda a offerte che integrino pacchetti fitness-salute-benessere. Di più, e insieme, è meglio. 

A maggio è TikTok l’app più popolare e scaricata

TikTok batte Instagram e Facebook e a maggio è l’app “non di giochi” più scaricata in tutto il mondo su Play Store di Google e sull’Apple Store.  Lo ha rivelato SensorTower nella sua consueta classifica mensile. Il tool di App Store Optimization ha evidenziato infatti come il social cinese abbia guadagnato la prima posizione anche nel segmento Android, scavalcando Facebook e rimanendo in testa nei mesi di marzo e aprile. Di fatto TikTok, di proprietà della società cinese ByteDance, a maggio 2021 è arrivata a 80 milioni di nuove installazioni, soprattutto dai brasiliani, quelli che l’hanno scaricata di più (16%), seguiti dai cinesi (12%), dove il nome dell’app però è Douyin.

A maggio le installazioni aumentano del 35%

Secondo gli analisti, sempre a maggio le installazioni di TikTok sono aumentate del 35% rispetto al mese precedente. Tuttavia, considerando il numero di installazioni anno su anno, i download dell’app sono diminuiti del 29%, e quest’anno non hanno quindi raggiunto il record di 112 milioni di download del maggio 2020. In ogni caso, resta l’app più scaricata nell top 10 di Sensor Tower, che la vede seguire nelle prime cinque posizioni Facebook, Instagram, WhatsApp, e Messenger.

Al primo posto sia su Apple Store sia su Play Store

Tornando alla classifica di Sensor Tower, sull’Apple Store, dietro a TikTok, in seconda posizione si piazzano YouTube, Instagram, e CapCut, mentre WhatsApp e Facebook sono rispettivamente al quinto e al sesto posto. La classifica prosegue con Zoom, al settimo posto, Messenger, Google Maps, e al decimo posto, Gmail. Su Play Store, invece, la prima posizione della top 10 non cambia, e c’è ancora TikTok, ma stavolta seguita sul podio da Facebook e Instagram. Subito dopo, al quarto posto si trova WhatsApp, seguita da Snapchat, Messenger, Zoom, Josh, l’app per video brevi molto popolare in India, quindi Telegram, e ultima ToonApp.

Le minacce di Trump e “l’embargo” in India

Ma per l’app non sono tutte rose e fiori. Nel giugno del 2020, infatti, TikTok è stata bandita in India, il suo principale mercato estero, e durante l’estate ha dovuto affrontare una sorta di contraccolpo politico negli Stati Uniti, quando l’allora presidente Donald Trump ha minacciato di vietare l’app a meno che ByteDance non avesse ceduto le sue attività americane, con Oracle e Walmart in prima fila per acquistarle. L’attuale amministrazione statunitense Biden però ha sospeso l’azione legale contro TikTok, riporta Ansa, anche se la politica americana particolarmente prudente nei confronti delle app cinesi non è ancora terminata.